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La Biagi e il sindacalista Stampa E-mail
Scritto da Daniele Dieci e Francesco Martignoni   
martedì 09 ottobre 2007

“Certi contratti a tempo determinato li salverei, ma il resto…”
Rocco Corvaglia, responsabile della CGIL di Sassuolo, spiega la sua generale contrarietà alle novità introdotte dalla Legge 30: “Se prima lo Stato considerava la parte debole il lavoratore, ora la parte debole è passata essere il datore di lavoro”. Ma qualcosa dei contratti a tempo lo salverebbe, a patto che…

Flessibilità e precarietà, due termini che da ormai diverso tempo caratterizzano il mondo del lavoro. In tanti vedono in loro il male della società contemporanea, vedono cioè annidarsi nel loro seno una muffa corrosiva, corrosiva del nostro sistema. Altri invece li leggono come un allargamento dell’offerta occupazionale, una risorsa per lo sviluppo del nostro Paese. E’ la tanto chiaccherata legge Biagi il punto di riferimento delle due fazioni appena descritte. Da qui infatti sembra essersi sviluppata la flessibilità lavorativa, almeno a sentire i politici e i telegiornali. Ma è davvero così? Il precariato deve la sua nascita al dott. Biagi? Domande che si saranno posti in molti. Noi le abbiamo rivolte al responsabile della CGIL di Sassuolo, Rocco Corvaglia.
In pochi conoscono davvero la legge Biagi, ci potrebbe spiegare, dal suo punto di vista, quali sono i punti focali della normativa?
Innanzitutto credo sia più corretto parlare di legge 30, che ha modificato in gran parte il testo della legge Biagi. Per quanto riguarda lo spirito del testo, credo sia importante sottolineare il cambiamento del rapprto di forza tra committente e dipendente. Se prima lo Stato considerava la parte debole il lavoratore, ora la parte debole è passata essere il datore di lavoro, l’impresa. Hanno stravolto la storia sindacale dell’età repubblicana. Il rapporto di lavoro, altro nodo centrale, diventa merce, viene ceduto o affittato o interrotto quando e come si vuole.

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Un operaio del Distretto (foto Martignoni)

Il concetto di flessibilità lavorativa nasce ben prima della legge 30. Quando esattamente?
Nasce con il pacchetto Treu, con la nascita del lavoro interinale. Qui però c’era ancora la valorizzazione del contratto tra le organizzazioni dei sindacati e le organizzazioni delle imprese, si prevedeva un tetto massimo di lavoratori a tempo determinato e le causali di lavoro. Utile ricordare che il cambiamento di atteggiamento da parte delle imprese si è sentito a partire dal governo Berlusconi. A Sassuolo infatti notammo come il 70% dei contratti nel 2001 fosse sotto la categoria di “contratto commerciale”, più del doppio dell’anno precedente. Questo enorme sbalzo era dovuto ai contratti realizzati attraverso agenzie di lavoro, tutti catalogati sotto la voce commerciale.
Cosa pensa riguardo l’inserimento, da parte della legge Biagi, dei co.co.pro. ( contratto di collaborazione a progetto) ?
Non siamo contrari ai co.co.pro., notiamo però che portano con se alcuni problemi. Il progetto, che in ogni collaborazione di questo tipo deve essere specificato sul contratto, permette al collaboratore di essere indipendente, sia come orari che come mansioni. Se deve, per esempio, progettare un nuovo software per l’azienda committente in un anno di tempo, non ha nessun orario da seguire, nè altre mansioni da svolgere. Questo però non capita quasi mai, il collaboratore diventa a tutti gli effetti un dipendente, con ordini da eseguire, anche se non legati al progetto finale. Indubbio è che il committente risparmi molto a stipulare contratti di questo tipo, che prevedono bassi costi di previdenza sociale, arrivando a un risparmio medio nell’ordine del 40 %.
E risparmiare sui costi di lavoro è la risposta che il capitalismo contemporaneo sta offrendo per continuare ad esistere. E’ d’accordo?
Certo. Ritengo tra l’altro che sia una posizione ideologica del capitalismo del tutto sbagliata. Lo scopo principale di un’azienda dovrebbe essere quello di produrre un bene competitivo, puntando a un continuo miglioramento. Questo comporta una ricerca innovativa e tecnologica, oltre che l’avere a disposizione lavoratori qualificati, formati magari dall’azienda stessa. Risparmiare però sul lavoratore cancella la possibilità di poter contare sulla ricerca e sulle qualità del dipendente, in un continuo stato d’instabilità, che rende impossibile la formazione tecnica del soggetto. Chi pensa quindi al risparmio non pensa più a una produzione di qualità, spirito che dovrebbe essere il fondamento di un’azienda.
In conclusione, cosa butterebbe e cosa salverebbe della legge 30?
Butterei sicuramente quello che sta dietro la realizzazione della legge, cioè la trasformazione del rapporto di lavoro, e la sua mercificazione. Questi sono temi sui quali non possiamo trovarci d’accordo. I contratti a tempo determinato li salverei, a patto che, come nel pacchetto Treu, si salvaguardi l’esplicitazione della causali di lavoro e del tetto massimo di contratti a scadenza. Nel protocollo del governo, di recente uscita, sono stati risolti alcuni problemi legati al precariato, come una nuova regolamentazione per l’assunzione dei dipendenti e la lotta alle cosiddette “ dimissioni in bianco” (vedi box qui a fianco, ndr). Sembra che ci si stia muovendo nella giusta direzione. Sono comunque piccole migliorie, molto rimane ancora da fare.

 

"Dimissioni in bianco, un ricatto non denunciabile"

Dimissioni in bianco bianco, un meccanismo che ci illustra Rocco Corvaglia:“L’azienda ti chiama e dice: "Caro lavoratore, vorremmo assumerla, ma c’è un problema: un giorno che si volesse interrompere il rapporto professionale, sarebbe difficoltoso a causa dell’assunzione a tempo indeterminato. Facciamo così: noi le diamo l’indeterminato, ma lei firma una lettera di dimissioni sulla quale non compare la data.” Continua: “Il lavoratore si trova così con un ottimo contratto, sul quale incombe però una ghigliottina: sarà continumente ricattabile. Senza quel foglio in mano non può dimostrare niente; quando salterà fuori il documento documento, con la data apposta dall’azienda, potrà dimostrare solo che ha firmato le dimissioni di sua spontanea volontà.” Conclude: “Il 25 settembre il Governo Prodi ha approvato un provvedimento ad hoc. Per dare le dimissioni, qualsiasi dipendente deve entrare in possesso di un un’apposita modulistica. Su questa documentazione è segnato un codice alfan alfanumerico che viene quotidianamente cambiato. In questo modo il datore di la lavoro non avrà più la possibilità di avere un documento firmato da tenere per anni nel cassetto. E non sarà più possibile applicare una data a scelta, ma solo quella che coincide con l’effettiva richiesta della modulistica.”





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